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Case Cazuffi Rella


Le Case Cazuffi-Rella sono due palazzi attigui del XVI secolo siti in Trento, in piazza del Duomo nr. 10. La facciata prospiciente la piazza è adorna di affreschi attribuiti al Fogolino. L'arte di dipingere le facciate degli edifizi è diffusa anche nel Trevigiano e spesso avveniva in concomitanza di eventi importanti. Il carattere dei soggetti conferisce a Trento un carattere laico differenziato rispetto alla religiosità di quelli affrescati nelle valli.
Facciata di sinistra
Al secondo piano della prima casa da sinistra (angolo con via Belenzani) si scorge la figura di Gerione, il mostro mitologico con la testa da donna e il corpo di serpente, uno dei personaggi delle 10 fatiche di Ercole. Viveva nell'isola di Eritea (Marocco?) e possedeva dei magnifici buoi che causavano l'invidia di tutti. Nella mitologia classica Gerione rappresenta la sintesi della forma (gestalt) nelle proprie emanazioni spirituali, psichiche e fisiche (pneuma, psiche e physis). Nella Divina Commedia, Gerione è collocato accanto agli usurai nel terzo girone del settimo cerchio. Il medaglione sottostante riporta la scritta: "dives indoctus" (it.: "il ricco ignorante"; l'emblema ironizza sugli uomini ricchi ma poveri di spirito).
Segue il carro della fortuna con Diana che stringe una ruota preceduta da due renne. Nei Tarocchi il carro rappresenta la Vittoria. Da notare i due volti contrapposti della dea, uno in chiaro l'altro in scuro, e la grossa sfera sulla quale è assisa che rappresenta il mondo. Sono tre i medaglioni sottostanti. Il primo dice: "in avaros conditio" (it.: "contro gli avari"); è un'ammonizione contro l'avarizia che rende gli uomini più crudeli. Il secondo dice: "in deo laetandum" (it.: "lodando Dio"), che è un invito all'unione mistica dell'anima umana per mezzo dell'amore spirituale. Il terzo dice: "mutuum auxilium" (it.: "aiuto reciproco"), che ricorda il vincolo di solidarietà sociale che deve unire gli uomini.
Seguono l'Occasio e la Nemesi. L'iscrizione del medaglione sottostante dice: "aliquid mali propter vicinum malum" (it.: "si può ricevere del male per un cattivo vicino"), che è un monito agli uomini nell'avere un comportamento prudente coi più forti. A sinistra agita un coltello (a Palazzo Calepini, in via Garibaldi, è ritratto un quadro con un soggetto simile indicante Giunone e le Erinni), mentre a destra maneggia un giogo per cavalli (o forse di un paio di briglie) e sull'altra mano è poggiata una sfera. L'Occasio dovrebbe riferirsi all'opportunismo, mentre la Nemesi – in armonia con l'emblema sottostante – dovrebbe indicare "la prudenza". L'iscrizione del medaglione sottostante, infatti, dice: "remedia in arduo mala in prono esse" (it.: "i rimedi nel difficile non sono buoni nel facile") indica la semplicità con la quale gli uomini recano danni al creato e la relativa difficoltà con la quale è possibile riparare il danno.
Al primo piano a sinistra si scorge una figura di un uomo coi piedi nel fuoco che dovrebbe rappresentare un invito alla prudenza nonché un monito alla spavalderia. Il medaglione sottostante dice: "quae supra nos nihil ad nos" (it.: "ciò che è sopra di noi non è per noi"), che punta a inibire quanti aspirano a conoscere cose al di sopra delle capacità umane. Seguono il povero e il ricco a cavallo che dovrebbe rappresentare l'avidità. L'emblema sottostante dice: "aere quadnoque salutem redimendam" (it.: "talvolta col denaro si ottiene la salvezza"), che loda quanti sacrificano una parte dei propri averi per preservare un bene di importanza superiore.
Il musico
Segue la Spada di Damocle metafora contenuta nel Tusculanae Disputationes di Cicerone con la quale si suole indicare l'imminenza di un pericolo dovuto all'assunzione di una grande responsabilità. Nell'episodio, Dionigi alla destra del tavolo, chiede a Damocle di scambiarsi i ruoli in modo da potersi rendere conto di persona della difficoltà del ruolo politico. Il medaglione sottostante dice: "nec questioni quidem cedendum" (it.: "non si deve cedere neppure alla tortura"), che incita all'eroismo dei martiri.
Segue il Musico con uno strumento a corda, la ghironda, con il manico rivolto in basso. Il medaglione dice: "ex arduis perpetuum nomen" (it.: "dalle ardue imprese eterno nome") che considera la gloria che si acquista grazie alle imprese ardite.
Facciata di destra
Al terzo piano della seconda casa (fronte Torre Civica) si scorgono 3 gruppi di figure situate tra un medaglione e l'altro: il Trionfo dell'Amore, il Trionfo della Sapienza e il Trionfo dell'Abbondanza.
Al secondo piano da sinistra della seconda casa si può ammirare una donna anziana con delle lame di ferro in mano, nel gesto di affilarle, che rappresentano "il tempo" perché col suo andamento consuma i beni materiali, l'iscrizione dice: "Omnia consumo muto mortale quod [erit] humana impello singula tempus edax".
Segue una donna che tiene sospesi per i capelli due bambini e che rappresenta "l'esperienza" capace di discernere la verità dalla menzogna; l'iscrizione dice: "cuncta dolens ego sum experientia fictum aut mendax quod sit sola probare queo».
Segue un giovane che sta salendo su una scala, cd. climax virtus, che rappresenta la via spirituale verso "la perfezione". Il personaggio volge lo sguardo indietro verso tre figure che tendono delle funi contro di lui: la lussuria, la miseria e la morte. L'iscrizione sottostante dice: "celsa petere est retineat nisi foemina saeva pauperies premat hine libidina trahat» (it.: "il virtuoso giungerebbe all'apice se non lo impedisse la turpe miseria, la donna e la morte"). Non a caso la scala è rivolta verso i Trionfi su detti della Sapienza e dell'Abbondanza.
Segue una donna con tunica celeste che tiene il braccio sinistro innalzato verso una testa infantile, o un serafino, che rappresenta l'innocenza e quindi "la coscienza"; l'iscrizione dice: "quid agis vorvisque animo pravique bonique tibi tunc testem semper adesse puta". Segue una donna che rappresenta "la giustizia" con la tunica rossa nell'atto di calpestare un uomo dalla testa d'asino che rappresenta l'ignoranza; l'iscrizione dice: "[ecce] nata qui peraget luet me vindice penam bona qui meritum ...tributente". Segue una donna con un camice bianco che tiene in mano un giogo e che rappresenta "l'obbedienza"; l'iscrizione dice: "assiduo quicumque tenebre pe … una aderit letior ecce dies". Segue una donna con una tunica bianco-rossa che mostra una sorta di coccarda e che rappresenta la "temperanza"; l'iscrizione dice: "fudit... opes nimis hic nimis inculat ille [me] dium prudens alites utrumque tenet".
Al primo piano da sinistra si vede poi un uomo anziano vestito di giallo e rosso con lo sguardo rivolto in alto che cinge con entrambe le mani un bacile che rappresenta "la previdenza". Il Gorfer ha erroneamente scritto "fortuna" confondendolo con la donna nuda; l'iscrizione dice: "divitias tribuoque adimoque hu … deperor hic presto longius in …".
La donna, l'uomo e il bambino
Seguono un gruppo di figure formato da una donna, un uomo e un bambino che si tengono per mano e che rappresentano "la famiglia"; l'iscrizione dice: "qui mercator eram dives nunc dicor egenus dum nec quod tulit hic prestat et ille negat". C'è poi un altro gruppo di cui uno è posizionato più in alto rispetto agli altri ed è Giove che scaglia i fulmini rispetto a due contadini nell'atto di offrire dei doni alla divinità; l'iscrizione dice: "nubila sictutiunt data dona et fulminis iram iratos flectunt et data dona deos".
Segue, fra la terza e la quarta finestra, una donna vestita di bianco e di giallo che tira un fascio di spighe e che rappresenta "la prudenza"; l'iscrizione dice: "vimerere que fatum ponum prudentia cerne quacunque vales me rucere corne viam". Segue una donna che rappresenta "il sospetto" dove sta scritto: "cuncta mihi suspecta noto, quacumque dolosam materiam quaero hinc in mea damna saga" (it.: "sagace a suo proprio danno che tutto nota e trova male da per tutto").
Segue un uomo vestito di rosso che potrebbe rappresentare "il potere" dove sta scritto: "Iustitiam libertatem altera monstr...placido huic visaque dona deo". Infine c'è una donna nuda che rappresenta la Fortuna che "fa crollare i Regni" e "innalzare gli umili" così come recita l'iscrizione: "Ego sum ex alto que nunc evertere regna soleo ex imo tollere multa gradu".